Antropologia

Sei un cervellone o un testone?

I pregiudizi razziali degli antropologi dell’Ottocento

Il progresso della conoscenza non è un percorso rettilineo ma una strada tortuosa piena di insidie. La storia della scienza è costellata di errori anche gravi, come quando è servita a giustificare il razzismo. Come è stato possibile? Dobbiamo ancora aver fiducia nel metodo sperimentale?

 

L’idea che gli europei abbiano un’intelligenza superiore innata si formò di pari passo alle esplorazioni geografiche che estesero il dominio dell’Europa negli altri continenti. Sembrava ovvio, agli occhi degli europei, che i nuovi popoli, di volta in volta sconfitti e sottomessi, fossero in qualche misura inferiori. I loro strumenti, le loro tecniche e la loro organizzazione sociale erano così rudimentali rispetto a quelle europee!

 

Ad un primo studio delle popolazioni umane, ciò che saltò subito all’occhio fu il colore della pelle e la sua distribuzione geografica. Infatti, nel 1735, Carl von Linné identificò le seguenti quattro varietà o razze umane:

  • rossa americana,
  • bianca europea,
  • nera africana
  • gialla asiatica

Nell’Ottocento il pregiudizio si era ormai consolidato. Era convinzione comune che alle diversità esteriori, come il colore della pelle, si accompagnassero altrettanto evidenti differenze nelle capacità mentali. L’anatomista e antropologo francese Paul Broca fu influenzato da questo pregiudizio. Come la maggior parte dei suoi colleghi, si impegnò nel cercare una misura diretta e semplice dell’intelligenza umana, che potesse dimostrare la superiorità dei bianchi. Egli aveva sotto gli occhi i successi che la fisica e la chimica avevano ottenuto, grazie alla misurazione, ed era desideroso di applicare lo stesso metodo quantitativo alla sua disciplina. Misurò il volume dei crani riempiendoli con pallini di piombo e pesò i cervelli ottenuti dalle autopsie, rilevando che i bianchi avevano valori maggiori. Da ciò concluse che peso e volume del cervello dovevano essere indicatori di intelligenza. I risultati delle ricerche di Broca e di altri studiosi ebbero forte risonanza nella stampa dell’epoca e alimentarono il razzismo che fu molto forte in tutta Europa e negli Stati Uniti fino alla seconda guerra mondiale e che purtroppo non è ancora del tutto scomparso.

 

Nel 1981 il naturalista e divulgatore americano Stephen Jay Gould ha ripreso in mano le ricerche di Broca e di altri antropologi dell’epoca dimostrando che i loro pregiudizi li portavano a manipolare inconsciamente i dati. Le misure erano molto precise, ma erano selezionate e interpretate in vario modo, per accordarsi con l’ipotesi iniziale. Ad esempio, quando risultò che i cervelli dei tedeschi pesavano in media 100 grammi più di quelli francesi, Broca applicò delle correzioni per tener conto del fatto che il peso del cervello aumenta con le dimensioni corporee e diminuisce con l’età o a causa di malattie. Queste correzioni erano legittime, anzi oggi sappiamo che ci sono molti altri fattori in gioco, ma è interessante notare che Broca le usò solo quando le sue idee iniziali erano in pericolo.

 

Da questa vicenda possiamo imparare che non sempre le misure garantiscono l’oggettività. Ogni epoca ha i suoi pregiudizi e nemmeno gli scienziati ne sono immuni, ma, prima di giudicare con severità gli errori del passato domandiamoci: quali sono oggi i nostri pregiudizi?

 

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